lunedì 16 luglio 2012

Alessandro d'Avenia e... "Cose che nessuno sa"!


A due anni dall’uscita del primo romanzo, il trentaquattrenne scrittore siciliano torna con una novella d’autore, tra liceo, adolescenza e i valori della crescita

Un padre, una figlia e un amore che deve ancora essere assaggiato... sono gli ingredienti per una perla da scoprire.  
  
Alessandro, il giovane professore di liceo (come nella vita, sceneggiatore e a Maggio sono iniziate le riprese del film tratto da Bianca come il latte, Rossa come il sangue) ci riprova, immerso nelle problematiche di un ragazzo al bivio con la propria maturità di uomo, in quelle responsabilità intrise di saggezza popolare e il mestiere di insegnare, usando i propri paradisi artifciali come una corazza facile per “fuggire”, ma non felice per “restare”... Restare vuol dire quannu l’amuri tuppulìa, ‘un l’ha lassari ammenzu a via, quando l’amore bussa non devi farlo entrare in casa... e quella casa si chiama Stella, intelligente, innamorata e che ora vuole “di più” da quel giovane uomo che ancora vede i libri come bambini, ciascuno con il suo odore buono, i suoi occhi e i suoi vezzi. Ma la vita, oggi, non può più essere una bici nera appoggiata frettolosamente ai margini di una strada. E il giovane prof sente quel sentimento come una “minaccia”, un limite nella sua missione quotidiana di educatore, protetto da un’aula di Liceo... in quella I liceo dove incontra gli occhi di Margherita. Quattordicenne... occhi verdi e capelli neri, ancora troppo vuota per poter capire la vita, ma troppo vuota per sapere che cos’è il Dolore. Un Padre che l’ha abbandonata, ...lei, suo fratello Andrea e la madre. Ma c’è nonna Teresa che sa capire il vuoto che la fa soffrire. Quel cerchio concentrico che si amplifica ogni volta, strati di se stessa densi come lacrime, capaci di diventare una perla dalle caratteristiche uniche ed irripetibili. Ma ogni perla ha il suo predatore,  artefice della propria trasformazione... e quegli occhi azzurri, quasi bianchi, in cui solo lei è capace di ritrovarsi, hanno un nome... Giulio. Misterioso, ribelle... e “rifugiato” dalla vita. Anche Giulio ha il suo stesso vuoto... schivo  e diffidente al punto di esserne protagonista assente. Il suo Dolore ha il volto della Madre che l’ha abbandonato... e questo è ancora più feroce di ogni altro ostacolo che si possa tramutare in astio... gelido rifiuto. L’Amore è la loro medicina, fuggitivi felici in quella macchina “trafugata” che li porta a Genova, ...alla ricerca del padre di Margherita. Un incidente... e tutto si frantuma, come un castello di sabbia naufragato nella marea, che trasporta conchiglie e rumori di lontano. La vita di Margherita appesa al filo di Atropo, che le dita di Cloto, abile tessitrice,  fanno volgere fino all’ultimo nodo che si chiama Morte. Ma una perla di rara bellezza possiede la durezza che la fa vivere, per essere ammirata da tutti. Essere Ammirata da Giulio. Essere aiutata da quello strano professore che, tra le lacrime della propria fragilità, riesce a capire il proprio ruolo nella vita di Stella... insieme a Stella... per sposarsi e costruire insieme quella vita che si chiama Felicità.

Una volta le ho chiesto: “Nonna, secondo te perchè non sono morta?”
E lei mi ha risposto: “Dio fici l’omo per sentirsi cuntare u cuntu”, Dio ha creato l’uomo per sentirgli raccontare le storie

www.profduepuntozero.it

Paolo Vannucci      

giovedì 12 luglio 2012

Chi è la più BELLA del REAME?


Due matrigne... due principesse... due mele, per il restyling della favola di Biancaneve, contesa da Lily Collins e Kristen Stewart
Schizofrenia  Pop e atmosfere Dark, per la più amata fiaba  folkloristica dei Fratelli Grimm, firmata dalla coppia Singh-Sanders. 
  
Quanto ci costa cara la nostra infanzia, se il prezzo da pagare  diventa una maturazione “forzata” dai rigidi canoni dati dall’intelletto, capace di cullarci in storie fiabesche che nel tepore materno regalano una magia, avida e crudele come solo la crescita stessa  può “frantumare”, ritrovandoci cresciuti, ma sempre nel riflesso di quello specchio  che ci fa severamente ricordare chi siamo veramente... e cosa vogliamo dalla vita! Se oggi, il cinema serve anche per riappropriarci del vero valore di quell’amarezza... benvenga, dunque, quell’aspra cattiveria capace di rinnegare anche le cose più semplici e apparentemente buone, facendoci scordare quelle frasi celebrate dagli stessi Fratelli Grimm, nei “C’era una volta” e “Vissero tutti Felici e Contenti”, perchè la “famigerata” coppia di registi Tarsem Singh (Biancaneve e/o Mirror Mirror in originale) e Rupert Sanders (Biancaneve & il Cacciatore), di quella “innocua” favola sembra proprio che non ne abbiano mai sentito parlare, almeno nelle velate intenzioni di chi, tra gli sceneggiatori, abbia solo voluto mantenere quella parvenza d’obbligo per preservare, quasi inalterato, il buon nome del titolo! Kristen Stewart, cavalleresca e bellissima (bisogna dargliene merito), sembra non solo combattere per essere, degnamente, la più bella e meglio riuscita del reame, convincendo tutti di essere la vera storia folkloristica che ognuno di noi ha sempre avuto nell’immaginario, forse ammettendo che qualche colpa di troppo possa ricadere nelle disegnate spoglie create dal kolossal disneyano, Biancaneve e i sette nani,  costato quattro anni di lavoro, per ottenere un Oscar speciale (di nome e di fatto, suddiviso in sette “piccole” statuine d’oro), tra le indimenticabili canzoni “Heigh Ho”  e una delle più diaboliche trasformazioni, che costarono censura e divieti all’uscita dell’epoca (eravamo nel 1937, nelle mani del regista David Hand). Oggi? Esiste sempre la Regina-Matrigna crudele (Julia Roberts e Charlize Theron), che vuole uccidere Biancaneve per mano di un cacciatore (Chris Hemsworth con la Bianca Stewart), mentre sparisce e si ritrova innocuo servitore nelle barocche forme interpretate da Nathan Lane, per la zuccherosa Lily Collins (figlia di papà Phil, noto batterista dei Genesis). E il Principe Azzurro?...qui arrivano i problemi, perchè con la Bianca Stewart il bacio d’Amore non funziona, lasciando fesso il principe William (Sam Claflin) per scappare con il rude cacciatore Eric, aiutati dai sette nani (otto, con lo sfortunato Gus, sacrificato), per ricostruire il regno delle fiabe soggiogato dalla Regina cattiva. Almeno, con la Bianca Collins, il Principe esiste... eccome! Viene baciato dalla Bianca Collins e la Mela avvelenata la rifila alla strega cattiva... e vissero tutti felici e contenti? Secondo noi si, ma i Fratelli Grimm hanno già querelato gli autori di cotanta audacia inventiva... tanto, oggi, le favole ce le raccontano i computers, mica le nonne... ma che le mele, rosse e avvelenate,... siano sempre mele! 
  
Paolo Vannucci

lunedì 2 luglio 2012

Stupefacente SPIDER-MAN!



Il ritorno del più amato supereroe Marvel, nella tela tessuta da Marc Webb, con Andrew Garfield nel ruolo del “Ragno”

Riavvio della saga, arrivata alla terza riedizione, per riportare il fumetto originale di Stan Lee e Steve Ditko all’autentico splendore, tutto rielaborato in 3D.    

Il ragno è tornato, ma non il solito personaggio “amichevolmente” ricucito in tuta rosso-blu, sempre devoto all’autentico fumetto Marvel disegnato da Steve Ditko, uscito per la prima volta nel ’62 e in Italia “appropriato” nel ’70, quando Nicholas Hammond indossò per primo la “famigerata” calzamaglia, nella serie televisiva diretta da E. W. Swackhamer, diventata poi l’omonimo primo episodio di una nostalgica trilogia, conclusasi nel ’79 con l’epitaffio L’Uomo Ragno sfida il Drago e il tutto affidato alle serie animate che hanno coinvolto la prolifica Toei Animation, partecipe degli innumerevoli restyling del personaggio. Ma la più effimera rielaborazione cinematografica  di Spider-Man arriva dopo circa un ventennio, per mano di Sam Raimi, accollato alla Sony, debitore di quelle prodezze tecnologiche che hanno devoluto stile e fumetto saldi alla grafica tanto cara ai “fedelissimi” di Spidey: ansia adolescenziale, pasticci ormonali e solare filosofia, tutto affidato al giovane Tobey Maguire, che in cinque anni di uscite cronologicamente numerate (tre episodi, dal 2002 al 2007), ha regalato il Peter Parker più adorabile che il cinema abbia potuto elargire, complici le storie e i personaggi ricamati dal decennio Marvel più glamour (’70-‘80, per intenderci), con una schiera di “fedeli cattivissimi” annoverati nei nomi di Willem Dafoe (Goblin), Alfred Molina (DOC-OC) e Topher Grace (Venom), affiancati da Kirsten Dunst (Mary Jane) e James Franco (Harry Osborn, figlio di Norman/Goblin), inseparabili sino al terzo capitolo della saga. Oggi, il nostro diciassettenne Parker torna più accattivante che mai, nella atletica fisicità di un Andrew Garfield che ricalca fedelmente l’ironia e le prodezze ginniche di un ragno alle prese con problematiche molto sopra le righe, riappropriandosi di una biondissima Gwen Stacy (Emma Stone), compagna di Peter e assistente del ricercatore Curt Connors (Rhys Ifans, reduce dalla tragedia shackespeariana di Emmerich), antagonista del nostro eroe, nelle terrificanti spoglie di Uomo-Lucertola nel nome di Lizard. Marc Webb dirige un film egregiamente magistrale, abbandonando l’idea di un quarto episodio dato in eredità dal buon Raimi, per ricominciare tutto dal principio, con il sapore acre dei colori di quelle tavole disegnate nel sessanta, devoluto dalla fotografia di John Schwartzman, maniacale nei virtuosismi cromatici, umorali come lo stesso protagonista, impregnato nelle stressanti angosce che si divincolano come testi di un fumetto senza tempo che ritrova la sua originale dimensione, complice la nuova era firmata RED Epic Camera, figlia del 3D. Novanta giorni di riprese, dal 2010 ad oggi, per essere nuovamente pronti a cadere nella tela del più “problematico” adolescente della storia del fumetto americano... ringraziando Stan Lee per tanto estro in punta di matita... “dal vostro amichevole vicino di casa Spider-Man!”

Paolo Vannucci