giovedì 20 giugno 2013

SUPERMAN REBOOT!


Dopo Brian Singer, il ritorno del kryptoniano più prolifico della DC affidato a Zack Snyder, con Henry Cavill ad indossare la Super S, nella riedizione più umanista che il cinema abbia potuto regalare

Restyling dei personaggi creati da Siegel & Shuster, per una inedita versione dell’eroe fondatore del fumetto della DC Comics.
  
Nemmeno i creatori originali del celebre superuomo avrebbero potuto desiderare di meglio. Quel piccolo alieno, orfano di un pianeta distrutto dall’implacabile Sole Rosso (ogni riferimento al nostro sistema è puramente scontato), timido e occhialuto come vuole la tradizione di ogni feticcio freak, ma che nasconde il segreto più tremendo che ogni essere umano possa “portare”, è tornato. Da quelle strisce disegnate da Joe Shuster e scritte da Jerry Siegel ne sono passate di trasposizioni più o meno riuscite. Dai programmi radiofonici statunitensi alla prima apparizione televisiva a cui George Reeves ha donato il fisico vestito da quella inimitabile calzamaglia rosso-blu che ha siglato la celebre frase “questo è un lavoro per Superman”, nel primo film realizzato nel ’51 (Superman and the Mole Man), per poi aspettare altri vent’anni per riavere un omonimo attore nel nome di Christopher (sempre Reeve), che nell’arco di dieci anni gira quattro episodi che lasciano un feticcio di vero culto amarcord per tutti gli estimatori del fumetto originale, prestando maggiore attenzione al primo di Richard Donner, celebre per quei dieci minuti affidati al grande Marlon Brando nei panni del padre alieno Jor-El,  ricevendo un onere di tre milioni di dollari per tanta presenza scenica di parte. Musica firmata John Williams, a cui hanno dato forza e rinascita le stesse gesta riproposte nel 2007 da Brian Singer (ennesimo ventennio di attesa), esperto del mondo Marvel con il prototipo degli X-Men per riprendere la storia laddove lo stesso Reeve aveva posto la firma come sceneggiatore del suo quarto capitolo, prima che rimanesse vittima di quell’incidente che lo ha paralizzato, nella stessa sfortunata sorte del predecessore, morto anch’esso per un “presunto” suicidio riportato sullo schermo da Ben Affleck in Hollywoodland. Se a Singer è stato rifiutato un sequel, a Zack Snyder è stato affidato il “pesante” compito di dare ritrovata stima alle origini di Kal-El (noi possiamo crogiolarci nell’originale Nembo Kid ribattezzato dalla Mondadori nel ’54), immergendo i personaggi in quella atmosfera da graphic novel tanto riuscita in 300, per dare un risvolto più umano (minimalista anche nel titolo, Man of Steel) ai conflitti interirori che si celano dentro ogni superuomo, metafora moderna  oggi più che mai di tutte le aspirazioni, riadattando la storia originale con un tocco di sapienza in più. Ci ritroviamo così un Russell Crowe in perfetto stile, per un Jor-El monolitico tanto quanto Brando, per proteggere un orfanello che si annoda una tovaglia al collo tra le lenzuola della madre, per segnare quell’infanzia che lo porterà a non dimenticarsi di un padre (Jonathan Kent, riproposto da Kevin Costner) che lo affida al suo mondo,  in quella lotta tra il bene e il male ripiegata in uno dei Supercattivi Kryptoniani per eccellenza, nelle ire di un Generale Zod (Michael Shannon) che induce un solitario eroe a dare valore alla propria ragione di esserlo. Bellissimo Henry Cavill nel ruolo più rischioso tra tutti i mutanti a fumetti, ristabilendo un rispettabile ordine al prequel devoto alle strisce degli anni 40 avvalorate da Brandon Routh. Riuscirà la nuova Lois Lane (Amy Adams) a dare un pò di amore a tanta sofferta disputa?

Paolo Vannucci