martedì 8 ottobre 2013

DiCinema: La nuova Hollywood

DiCinema: Steve Martin (2013)
Un viaggio nello star system mondiale, per conoscere gli attori e i registi  che hanno rinnovato l’ultima generazione di miti in celluloide

Comicità, vèrve e raffinatezza, per uno degli attori e autori di un cinema che ha mantenuto le aspettative della commedia tipica Hollywoodiana, nel talento ineguagliabile di Steve Martin.
  

Riuscire ad arginare un talento che può travolgere e definire i tempi di una rinnovata recitazione comica, senza marcare il confine tra la classica commedia e il revival  musical oltre ogni stile generazionale, può sembrare quasi impossibile... oppure, come il nostro Steve Martin ha saputo superbamente dimostrare, essere una grande realtà. Texano, come un buon whisky che non può deludere, con salde radici negli studi ordinari, fino alla laurea in filosofia. Il primo debutto in una compagnia teatrale formata nel periodo liceale, con un piccolo musical, per definire la propria carriera professionale solidamente indirizzata nello spettacolo.  Passare dalle prime esperienze televisive (The Smothers Brother Comedy Hour), alla fucina “obbligatoria” del Saturday Night Live, per approdare al cinema con una solida esperienza come autore. Tutto è iniziato con Ecco il film dei Muppet (The Muppet Movie, 1979), celebrazione dell’universo creato da Jim Henson, negli indimenticabili Kermit & soci, in un valzer di celebrità “investite” dai personaggi di pezza più popolari della TV (lo stesso Steve Martin, con il proprio talento, tenuto a battesimo quando da ragazzino lavorava presso il Magic Shop di Disneyland), per essere diretto da Carl Reiner (sue le sceneggiature) ne Il Mistero del cadavere scomparso (incursione atemporale nella commedia anni ‘40), Ho perso la testa per un cervello (brillante idea di un soggetto che vede Kathleen Turner disputarsi i favori di un neurochirurgo in cerca d’amore in un cervello femminile parlante) e Ho sposato un fantasma. La celebrazione del Saturday televisivo si completa con John Landis che dirige un travolgente trio di avviate conferme in Martin, Chevy Chase e Martin Short nel I Tre Amigos, parodia del cinema muto nei riflessi comici, a suo tempo contestati da un’eccessiva caratterizzazione messicana dei personaggi, per completare il genere fanta-comico-splatter con il più celebrativo La piccola bottega degli orrori, con Frank Oz a “deliziare” un raccapricciante quasi musical (in origine basato su una commedia Off Broadway di Howard Ashman), con Rick Moranis ad affiancare Martin, nel ruolo chiave del dentista sadico. La prima incursione nella trasposizione “ad Opera” (sua anche la produzione) avviene per mano di Fred Shepisi a dirigere Roxanne, divertente commedia tratta dal Cyrano di Edmond Rostand, con Daryl Hannah nel ruolo di una rivisitata astronoma in dipartite di cuore, seguita dal più elaborato Pazzi a Beverly Hills (L. A. Story), shakespeariana trasfigurazione a vantaggio degli status sociali (Sarah Jessica Parker e Victoria Tennant tra i protagonisti). Ron Howard lo dirige in Parenti, amici e tanti guai, riunione di famiglia con un collettivo di tutto rispetto (con Tom Hulce, Keanu Reeves e  Dianne West), per riproporlo nuovamente ne Il Padre della Sposa (entrambi i film diretti da Charles Shyer), nel rifacimento di un classico della commedia anni 50. Di ottimo impatto, il riuscito lavoro di Kasdan, nel Grand Canyon sempre a favore di Kevin Kline (da citare anche Danny Glover e Mary McDonnell), per sondare il difficile terreno fertile della religione-spettacolo, con Debra Winger a rafforzare il soggetto. Si susseguono lavori di doppiaggio, da Il Principe d’Egitto a Fantasia 2000, per risondare l’ennesimo remake di un altisonante capolavoro di Blake Edwards, La Pantera Rosa, nel ruolo che fu di Peter Sellers, in due episodi rispettivamente diretti da Shawn Levy e Harald Zwart. Una carriera di successi che hanno sempre confermato una ineguagliabile mimica e caratterizzazione, che non hanno mai deviato i tempi della commedia tipica americana, soprattutto quando il valore della comicità non è mai un espediente in cerca di prodezze da Oscar.   

Paolo Vannucci